Il Codex Calixtinus, il cui autore o autori ci sfuggono dal punto di vista della ricostruzione storica, ha la sua fonte ispiratrice nell’opera dell’Arcivescovo Diego Gelmirez, una delle figure chiave nella storia del pellegrinaggio a Compostella: il manoscritto è una compilazione di differenti testi che vengono elaborati e riunificati da uno o più autori, di origine francese, quasi certamente cluniacensi, collaboratori di Gelmirez. Dei cinque libri, da menzionare il primo, di carattere essenzialmente liturgico, che include il celebre sermone Veneranda dies e il quinto conosciuto come “Guida del Pellegrino”, che descrive dettagliatamente l’itinerario da seguire per raggiungere Santiago dal resto dell’Europa. Ne diamo qui una breve ma importante sintesi:
Il primo tragitto della guida riguardava il percorso che avrebbero dovuto fare i pellegrini che fossero giunti dalla valle del Rodano e naturalmente dall’Italia (via Tolosana). La prima tappa del primo tragitto per Santiago in territorio francese era la città di Arles. Nella cattedrale, celebre per lo splendido portale si custodivano i resti di S. Trofimo evangelizzatore della Provenza oltre che primo vescovo della città e quelle di S.Cesario suo successore nel IV sec. ed autore di importanti testi sacri. Ai margini della città si potevano poi visitare gli Aliscamps che nel ricordo collettivo e tradizionale erano noti come Campi Elisi in quanto vi si vedeva ancora una grande necropoli romana su cui, per processo di interazione tra paganesimo e cristianità o se vogliamo di sovrapposizione culturale, era sorto un cimitero cristiano. La sosta successiva di questo primo tragitto citato dalla Guida era a poche miglia da Arles, al limite della selvaggia area della Camargue, presso il santuario di Sant-Gilles: narrava la leggenda che fosse stato eretto da Wamba re dei Goti stupefatto dalla santità dell’eremita Egidio qui ritiratosi in vita ascetica e capace di ammansire gli animali più feroci. In seguito S. Egidio sarebbe divenuto abate del convento ove sarebbe morto ottuagenario nel 720. Secondo la Guida il suo corpo miracolosamente non avrebbe conosciuto gli orrori della decomposizione e sarebbe rimasto intatto: per questo il sarcofago in cui se ne conservavano i resti divenne oggetto di una profonda venerazione. Da Saint-Gilles si giungeva in prossimità di Saint-Guilhem. Qui in località Gelonne, in una gola racchiusa fra calanchi calcarei, Guglielmo Conte di Tolosa e sostenitore di Carlo Magno aveva fatto erigere un’abbazia benedettina dove da secoli ormai si custodiva il suo corpo. Procedendo verso Narbonne al Capo d’Agde ove sarebbe sorta un’antica statio romana lungo la Via Domitia: qui ogni pellegrino non avrebbe potuto far a meno di venerare i protomartiri cristiani Tiberio, Modesto e Fiorenzo vittime di una persecuzione dei tempi di Diocleziano. Dalla costa ove avrebbero patito il supplizio i corpi di tali eroi cristiani sarebbero poi stati condotti fin a questa località, che dal più celebre fra loro avrebbe preso nome di Saint-Thibery. Prima di valicare i Pirenei ed entrare in Spagna un’importante sosta spirituale era d’obbligo a Tolosa, sulle rive della Garonna, città fondata dai Celti ma poi colonizzata e resa importante (dal 106 a.C.) ad opera dei Romani. La Guida invitava i pellegrini ad entrare nell’importante basilica ove si custodiva il corpo di S. Saturnino, primo vescovo della città, che tanto si adoperò per diffondere il cristianesimo oltre la catena dei Pirenei. Anche egli fu martirizzato ed in modo spaventoso. Sarebbe stato legato e fatto trascinare da un toro, quindi sarebbe stato gettato dall’alto del Palazzo di Tolosa (ove ancora si veneravano gli Dei pagani) a sfracellarsi su una pietra miliare sottostante.
Il secondo itinerario (via Podense) segnato dalla guida era la strada percorsa dai pellegrini che giungevano dalla Renania e dalla Borgogna: il viaggio iniziava in un paesaggio sconvolgente tra picchi vulcanici e procedeva verso le terre aspre d’Alvernia sin a raggiungere Moissac e quindi toccare la Garonna per proseguire verso Ostabat. L’estensore della Guida si preoccupava soprattutto di siti in cui si conservassero reliquie e tombe di martiri: questo spiega l’apparente dimenticanza di Le-Puy e Moissac a tutto vantaggio di Conques nella cui Abbazia si conservavano i resti di Sante Foy la giovinetta di Agen che, coi fratelli, sarebbe stata vittima delle persecuzioni di Diocleziano. Da Agen a Conques corrono 36 leghe: l’autore della Guida un pò genericamente sosteneva che il corpo della fanciulla era stato sepolto in un sito della Valle di Conques ma in realtà nell’Abbazia di Conques la reliquia fu portata dai monaci per rendere ancora più celebre la loro abbazia peraltro fondata direttamente da Carlo Magno: l’enorme tesoro della chiesa e la grande venerazione fu prova nei secoli del fascino spirituale esercitato sui viandanti dall’abbazia di Conques.
Terzo percorso (via Lemovicense) era seguito da chi giungeva dalla Germania o dalle regioni della Lorena e della Champagne. A Vezelay, villaggio collinare della Borgogna ai limiti della selva del Morvan, sorgeva l’illustre Chiesa abbaziale di Sante-Madeleine, uno dei luoghi più venerati della Francia medievale. Si voleva che qui sorgesse la sepoltura della Maddalena: secondo l’estensore della Guida verso Santiago la peccatrice pentita Maria di Magdala dopo l’Ascensione da Gerusalemme avrebbe raggiunto il porto di Marsiglia e prima di morire ad Aix sarebbe vissuta dedicandosi alla preghiera nascosta fra i boschi della Provenza. Una posteriore traslazione avrebbe portato il suo corpo a Vezelay nello stesso periodo in cui sarebbero state portate nell’Abbazia di Autun le supposte spoglie di San Lazzaro: nella Borgogna si trovavano così ad esser oggetto di culto due fra i personaggi più intimi ed amici del Cristo. Il cammino proseguiva quindi per Sainti-Leonard de Noblat nel Limosino, giungendovi attraverso le regioni del Berry e delle Marche. Notre-Dame Sous les Arbres si trovava in un’area tra i corsi fluviali della Vienne e del Tauron, limitata dalle propaggini delle alture d’Alvernia e dell’Ambrazac dove viveva in isolamento il giovane Leonardo, di nobile famiglia, che a Reims era stato discepolo di S. Remigio. Egli aveva contribuito a cristianizzare l’Aquitania ed in seguito aveva deciso di condurre solitaria e religiosa esistenza in questi luoghi disabitati. Era il Santo dei carcerati e dei prigionieri: gli erano riconosciute miracolose qualità curative come testimoniavano le catene, i cippi, le gogne, gli strumenti di tortura quali ex-voto appesi alle pareti della basilica. Dal territorio di Limoges si giungeva quindi a Perigueux città sorta sui resti della romana Vesomna.
A Tours si radunavano i viandanti di fede provenienti da Parigi e dalle zone centro-settentrionali della Francia e davano via così al quarto itinerario (Via Turonense). L’estensore della guida per Santiago doveva conoscerlo assai bene poiché la parrocchia di Parthenay-le-Vieux era ben prossima a Poitiers. Egli consigliava di far un passo indietro sin ad Orleans ad onorare i resti di Sain-Euverte e quindi soffermarsi in Cattedrale dinanzi al celebre frammento della Croce che vi sarebbe stato custodito. In Tours era invece conservato, intatto, nella Basilica il Corpo di S. Martino, il legionario di Roma divenuto vescovo della città nel IV secolo. Il suo nome era legato alla leggenda del mantello donato al viandante ed era particolarmente venerato in ambiente rurale e contadino ritenendosi che avesse il potere di fermare i serpenti e le tempeste. A Tours era celebrato in diversi periodi: l’11 novembre in occasione del ciclo santoriale, il 12 maggio in memoria della liberazione della città da un’invasione normanna nell’840, il 13 dicembre per ricordare che in tal giorno il suo corpo era stato traslato a Tours dopo un periodo d’esilio ad Auxerre per ragioni di sicurezza. Risalendo il corso della Vienne si giungeva quindi a Poitiers dove c’era da rendere omaggio a S. Ilario, vescovo e confessore impegnato a combattere in Gallia l’eresia del prete Ario.
Da Poitiers il cammino volgeva verso la Saintonge: a Saint-Jean-d’Angely i pellegrini avevano da visitare la chiesa del Battista: la testa di questo, mozzata nel supplizio, vi sarebbe stata portata sin dalla Palestina. L’autore della Guida mostrava di non avere alcun dubbio su questo improbabilissimo resoconto. Procedendo la Guida indicava che a Bayle si trovava la tomba del Paladino Orlando eroe carolingio della lotta contro gli Arabi invasori. Nelle prossimità di Belin si sarebbero invece trovate le sepolture di tutti gli altri eroi di Roncisvalle cioè dei paladini della retroguardia dell’armata di Carlo Magno lì morti per intercettare e fermare l’avanzata degli Arabi. A Bordeaux nella Cattedrale era invece da visitare la tomba di S. Severino. Si trattava di un nobile dell’Aquitania, divenuto poi vescovo di Colonia,: tornato a Bordeaux avrebbe compiuto il miracolo di oscurare di giorno il cielo allo scopo di liberare gli abitanti da un assedio di Goti. Ad Ostabat era il punto in cui confluivano tutti i percorsi francesi per accedere alle Spagne: da tale località si sarebbe sostanzialmente percorso un solo cammino.
Per valicare i Pirenei quanti giungevano da Tolosa si imbattevano in Oloron-Sainte-Marie, roccaforte medievale del Béarn, incontravano la Valle verso les Ports d’Aspe (odierna Somport=Summus Portus) ed entravano in Aragona. Quelli che partivano espressamente da Ostabat risalivano da Saint-Jean-le-Vieux sin a Roncisvalle dove sorgeva un monastero nel quale potevano esser ospitati: da lì sarebbero quindi penetrati in Navarra. I pellegrini malati o più gracili prima d’affrontare la traversata pirenaica potevano altresì ristorarsi nel sito che tuttora conserva il nome di Hopital Saint-Blaise disposto grossomodo a metà strada fra i punti di partenza e la santa meta. A Roncisvalle, nella Real Collegiata di Nostra Signora, ancora oggi avviene uno dei rituali più significativi del pellegrinaggio jacobeo, la benedizione dei pellegrini al termine della Messa celebrata dai canonici seguendo una antica formula che sintetizza tutto il valore spirituale del “camino”:
“O Dio, che portasti fuori il tuo servo Abramo dalla città di Ur dei Caldei
e che fosti la guida del popolo d’Israele attraverso il deserto,
ti chiediamo di custodirci, noi tuoi servi, che per amore del tuo nome
andiamo pellegrini a Santiago de Compostella.
Sii per noi compagno nella marcia,
guida nelle difficoltà,
sollievo nella fatica, difesa nel pericolo,
albergo nel Cammino,
ombra nel calore, luce nell’oscurità,
conforto nello scoraggiamento
e fermezza nei nostri propositi perché, con la tua guida,
giungiamo sani e salvi al termine del Cammino e,
arricchiti di grazia e di virtù,
torniamo illesi alle nostre case, pieni di salute e perenne allegria.
Per Cristo nostro Signore. Amen
A Puente la Reina le strade si congiungevano e i pellegrini dovevano superare il ponte sul rio Arga, fatto edificare da Donna Munìa o Mayor, moglie di Sancho III il Grande, onde agevolare il cammino per Santiago de Compostela. Nel territorio de La Rioja, ai limiti fra Navarra e Castiglia, ci si doveva fermare ancora a venerare il Beato Domenico (Santo Domingo de la calzada che tra Redecilla e Najera aveva costruito un tratto viario di 7 miglia detto la calzada). Il centro di Burgos smistava il traffico dei fedeli nella ricca successione di importanti cittadine della Tierra de Campos. La cittadina di Fromista era famosa per le ampie coltivazioni di biondo frumento che le davano il nome. A Carrion de Los Condes, località legata alle gesta dell’eroe spagnolo per eccellenza contro gli Arabi cioè El Cid Campeador, esisteva la Chiesa di S. Maria del Cammino. A Sahagun i pellegrini dovevano pregare sulle tombe dei legionari cristiani Facondo e Prudenzio. Poi a Leon, capitale del regno medievale che dalla capitale prendeva nome, i viandanti pregavano e veneravano il corpo di S. Isidoro, dottore della Chiesa dell’VIII sec., qui trasportato da Siviglia. Altre tappe del cammino erano poi Astorga (Asturica Augusta), all’incrocio con la strada che giungeva da Merida (Emerita Augusta), Caceres (Castra Caecilia) e Salamanca (Salamantica).
Continuando nel viaggio di avvicinamento i pellegrini, passati vicino al monte Irago, vedevano dominare la via la grande fortezza dei Cavalieri Templari cioè il loro formidabile maniero sulle alture di Ponferrada sul fiume Sil. A Villafranca del Bierzo (Bergiolum) un soggiorno era meritevole dato che nel medioevo vi sorgeva un importante Monastero. Si raggiungeva quindi la località di Lugo (Lucus Augusti) caratterizzata da abbondanza di boschi: quest’ultimo particolare e la prima parte del nome (Lucus=”bosco sacro dedicato ad Augusto”) fa pensare ad un’antica sacralità pagana del luogo connessa alla venerazione dei Boschi Sacri disseminata per la Liguria e la Narbonese. Da Lugo si giungeva, procedendo verso l’Atlantico, la località di Iria Flavia e nei suoi pressi, nella zona cimiteriale di Compostum si sarebbe rinvenuto, secondo la leggenda, il tumulo che costituiva l’umile tomba di Giacomo Maggiore Apostolo, segnata da una stella. A 2 miglia da Santiago de Compostela i pellegrini si sarebbero lavati e purificati nelle acque del torrente Lavamentula: quindi si recavano sulla cima del monte Gozo o Monte della Gioia donde avrebbero potuto intravedere il Santuario verso cui, dopo il lungo cammino, avrebbero preso a correre, raggiungendo il vasto sagrato sin a trovarsi, estasiati, davanti al Portico della Gloria donde si accedeva al Santuario sin a poter vedere l’agognata statua di S. Giacomo Maggiore coronando così il sogno della propria vita e sentendosi ancor più vicini al Dio dei cristiani.
Don Sandro Lusini, parroco di Porto S.Stefano (GR)
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